Il dialogo
Adesso racconto un episodio chiave accaduto nei primissimi anni. Per l'esattezza erano tre anni che lavoravo nella ditta. Un giorno avevo voluto chiedere al titolare una cosa. Una sola ma decisiva. Mi interessava il suo parere e soltanto il suo. Il mio futuro nell'azienda. Ero salito direttamente negli uffici tramite la porta che collegava l'interno del capannone. Avevo detto a una segretaria le mie intenzioni e la cosa fu immediata. Tutti sapevano quanto era difficile trovarlo di buon umore ma non fu quello il caso. Una volta nel suo ufficio gli dissi che mi interessava sapere le mie prospettive future, mio padre lavorava ancora in cartiera e gli avevano detto che io avrei potuto subentrargli il giorno in cui sarebbe andato in pensione, mancavano ancora un paio d'anni. Mi era sembrato corretto da parte mia dirglielo. Lui fu sintetico, ricordo come fosse ieri. "Il suo lavoro è il cuore dell'azienda, vedrà, glielo prometto .... " Il dialogo fu abbastanza lungo. Ebbi modo di conoscerlo in modo diverso dal solito rapporto esistente tra proprietario e dipendente. Io ero una persona curiosa, mi permettevo di fare domande quando il discorso spaziava oltre il lavoro. Probabilmente la cosa era gradita e quindi il dialogo si era allargato e di molto. Avevamo parlato della società, a quel tempo molto, molto diversa da quella attuale. I cosidetti anni di piombo erano a due passi. Detestava tutto l'apparato statale, per lui di vitale importanza dovendoci convivere. Mi aveva anche parlato delle difficoltà che le officine avevano davanti. Venivano prodotte soltanto gru da carico all'epoca, Manta era un luogo periferico rispetto a fabbriche della Lombardia, dell'Emilia, del Veneto. Non facile sopravvivere nel settore privato quando hai grande concorrenza. Ero cosi venuto a sapere qual'era l'unico modo per provare, dico soltanto provare, a vendere qualcosa a grandi aziende private ma di fatto statali. Un modo "italiano" che lui detestava in modo viscerale. L'azienda sopravviveva ma non aveva un futuro. Mi ricordo i tanti mesi in cui nelle officine non sapevamo cosa fare. Era perfino imbarazzante. Le giornate erano eterne. Eppure il signor Pietro non aveva mai fatto uso della cassa integrazione mentre lo stipendio l'aveva sempre dato a tutti. La sorte non gli sarà neanche amica. A parte i suoi problemi al cuore aveva una sola figlia, Suzi. Aveva ventanni il giorno che una malattia gliel'aveva tolta. Il discorso si allargò anche nel personale, sulla parentela ma preferisco astenermi.
Il suo unico scopo nella vita era l'azienda che aveva creato, me l'aveva detto in modo esplicito. Credeva nel capitalismo come processo sociale, come sviluppo della società. Tutte le famiglie, sottoscritto compreso, hanno migliorato le loro esistenze grazie a questo circolo virtuoso che da sempre muove il mondo. Lui onorava il suo ruolo. Un grande timoniere. Senza di lui adesso ci sarebbe magari un supermercato o chissà. Mi domando quanti in Italia hanno vissuto come lui, lontano dai riflettori. Un vero signore. Questa cosa che invece racconto adesso, ricordandola, mi fa sentire molto piccolo come statura nei suoi confronti e non mi fa nemmeno sorridere. Anzi. Avevo scoperto da poco la fotografia come passatempo e gliene avevo parlato come se avessi scoperto l'America. La cosa era poco rilevante. A lui sicuramente interessava poco. Ero cosi venuto a sapere che un suo amico di Saluzzo era anche lui un grande appassionato. Si trattava di una persona di pari livello sociale, era il proprietario del Cinema Italia, centro città. Va ricordato che la famiglia proprietaria dell'azienda era originaria di Saluzzo. Ebbene un giorno racconterò un fatto davvero "unico", impensabile nella società attuale, accaduto proprio nel cinema Italia, una domenica pomeriggio. Proiettavano un film per famiglie con Robert De Niro .....
Il destino aveva in serbo un'amara sorpresa a non molto tempo di distanza. Mio padre a distanza di sei mesi dalla pensione venne colpito da un ictus cerebrale. Si salvò a differenza di tanti. Dovette interrompere subito il lavoro, gli tolsero la patente, mia madre non l'aveva mai avuta. La nostra abitazione era distante dalla statale che collegava Cuneo con Torino ben fornita di mezzi pubblici. La mia vità cambiò profondamente come prospettiva. Non certamente per il fatto che dovevo fare tutto, dalla spesa ai piccoli lavori necessari in una casa di proprietà. Cambiò la prospettiva e molti ideali di plastica. Cambiò anche la prospettiva dentro l'azienda. Il tempo passava e nulla accadeva. Quel luogo di lavoro andava onorato per lo stipendio che mi veniva dato ma era ogni giorno sempre più distante dai miei sogni.
La promessa che aveva fatto? No, non l'ha mai mantenuta. Non verrò mai a sapere il perchè. E mai glielo chiederò. Sicuramente ci fu qualcuno nel suo entourage che lo condizionò nel corso del tempo. Sicuro al cento per cento. Ma chi? Non potevo chiedere a qualcuno, senti, hai sentito tizio, caio o sempronio parlare male di me con il signor Pietro? Ridicolo, nessuno avrebbe risposto. Ma un signore come lui non faceva una promessa tanto per aprire bocca. Inoltre non ero prigioniero, nessuno mi obbligava a restare.
L'ultimo periodo sarà davvero interessante da raccontare, lo anticipo soltanto per il momento.
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